

Biscotto secco classico di Castellammare di Stabia
Acqua, farina, lievito madre
La Galletta Stabiese detta anche "Galletta di Castellammare", è uno dei prodotti da forno più famosi della cittadina Campana di Castellammare di Stabia, Il nome ha un etimologia francese, "galet" , ciottolo, che si riferisce alla forma tondeggiante e dalla particolare durezza del biscotto.
Con la sua durezza, e l'assenza di umidità la Galletta di Castellammare è perfetta per una lunga conservazione, per questo motivo era utilizzata dai marinai come cibo per le lunghe traversate marittime. Per farla ammorbidire i marinai erano soliti immergerla in acqua di mare che con la sua sapidità esaltava ancora il suo sapore. Oggi la galletta viene prodotta ancora con la ricetta originale risalente al medioevo che prevede' utilizzo di solo acqua, farina e un pizzico di lievito naturale.
Una curiosità in Campania su usa appellare ironicamente una persona "si comm' na galletta 'e castiellammare" definendo una persona dura o avara che non si lascia influenzare o ammorbidire che come la galletta non si ammorbidisce facilmente.
Le classiche gallette di Castellammare sono un prodotto tipico stabiese, nato verso la meta dell’800, insieme ai tarallini ricoperti di zucchero, sono una delle specialità più famose della zona e si differenzia dal Biscotto di Castellammare per la diversità della forma, le gallette infatti hanno una forma tondeggiante rispetto al biscotto che è a forma di sigaro.
Gli ingredienti sono molto comuni e semplici da trovare:
La preparazione delle gallette di Castellammare è molto semplice:
Le gallette di Castellammare si presentano come un impasto di acqua e farina, quindi sono un ottimo prodotto per chi è soggetto ad ipertensione. Essendo un prodotto molto duro, di solito si mangiano o immerse in zuppe e minestre, o come base per insalate e caponate.
Sono un prodotto ricco di storia, in passato erano conosciute anche come i “biscotti di mare” o “dei naviganti” perché i marinai di Castellammare portavano con loro una di queste gallette per i lunghi viaggi e le mangiavano dopo averle ammorbidite e insaporite nell’acqua di mare. Dai loro racconti però si evince che talvolta, nonostante l’inzuppo queste mantenessero la loro durezza, così nacque il detto “A’ gallett ‘e Castiellammare è stata trentaseie anni pe’ mare e nun s’è spugnata ancora”.