

Tarallini fatti a mano con olio EVO origano, concentrato di pomodoro.
Farina di grano tenero tipo "00", olio EVO, Acqua, lievito madre. aromi pizzaiola (1,2%), sale, zucchero
Il nome tarallo viene usato per indicare vari prodotti da forno che hanno in comune la forma di anello con le estremità intrecciate. La preparazione di queste ciambelline è tradizionale nelle regioni meridionali come Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Sicilia.
Cosa significhi esattamente la parola “tarallo” e da dove derivi, nessuno lo sa per certo.
La tesi più attendibile vuole che discenda dal greco “daratos” (sorta di pane), ma c’è chi sostiene provenga dal latino “torrère” (abbrustolire) e chi dall’italico “tar” (avvolgere).
Matilde Serao, nell'opera “Il ventre di Napoli”, narra che già a fine '700 i taralli rappresentavano i cibi di sopravvivenza della povera gente partenopea.
I fornai li preparavano aggiungendo strutto e pepe allo ”sfriddo”, cioè agli avanzi della pasta lievitata del pane, per poi farne striscioline a forma di anello che erano vendute in strada e nelle osterie, infatti il miglior amico dei taralli è il vino, da qui la nascita dell’espressione “finisce tutto a tarallucci e vino” per indicare la risoluzione delle controversie nelle osterie e per le strade grazie a questa abbinata vincente.
Se però non siete amanti del vino, non preoccupatevi, perché i taralli, grazie alla loro semplicità e leggerezza, stanno bene un po’ ovunque: a inizio pasto, come aperitivo, quindi accompagnando olive, salumi e un bel tagliere di formaggi.
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